Può essere misurato con tecniche grossolane, oppure elaborate e fini.
Con le dita. L’esaminatore sta davanti al paziente (il quale fissa dritto davanti a sé il dito di una mano) e valuta la percezione del movimento di un dito dell’altra mano nello spazio. In buona sostanza, l’esaminatore valuta il campo visivo del paziente confrontandolo con il proprio: si parla, appunto, di campo visivo confrontazionale. Si possono valutare così patologie grossolane. È una planimetria cinetica.
Con il perimetro di Goldmann. Si inizia con una mira grande e luminosa proiettata in senso centripeto e solitamente vista già con la periferia del campo visivo (si formerà conseguentemente un’isoptera ampia), via via passando a mire più piccole e meno luminose che saranno viste più centralmente (si formeranno isoptere più piccole). Si usano determinate grandezze delle mire a seconda della patologia del paziente. E’ anch’essa una planimetria cinetica e si usa per patologie più complesse. È possibile proiettare singoli spot in alcune aree che meglio si vogliono esaminare: ad esempio, per individuare la macchia cieca oppure aree circoscritte di minor sensibilità retinica. Si potrà in tal modo determinare la presenza di scotomi assoluti (zona in cui il paziente non percepisce nemmeno la mira più grande e più luminosa utilizzata) e di scotomi relativi (zona in cui il paziente percepisce solo le mire più grandi e più luminose; a seconda della grandezza e della luminosità di tali mire, si parlerà di scotoma relativo più o meno profondo). Al termine dell’esame si otterrà uno schema caratterizzato da linee curve (le isoptere), più o meno concentriche, e da aree scotomatose circoscritte (la macchia cieca). Per quanto riguarda la macchia cieca, lo scotoma dovrebbe mostrarsi assoluto, vale a dire proprio che il paziente non vede nessuna luminosità, solo al centro, per un’estensione di 8° in altezza e di 6° in larghezza: perciò la macchia cieca è ovalare a maggior asse verticale. Invece, la sua estensione come scotoma relativo, cioè vuol dire che se si aumenta leggermente la luminanza il paziente percepisce la mira, dovrebbe giungere, in media, ad un’altezza di quasi 14° ed una larghezza di quasi 10°. La sede fisiologica della macchia cieca in senso orizzontale dovrebbe essere compresa tra i 10-11° medialmente e 20-21° temporalmente, mentre nel senso dell’altezza essa dovrebbe non sorpassare i 20° sopra ed i 30° sotto il meridiano orizzontale. Un soggetto molto miope, ad esempio di –20D, ha una macchia cieca molto allargata, più larga. È fisiologico trovare nel miope elevato una macchia cieca più grande, questo perché in un occhio miope è tutto più stirato, più grande.
Con la perimetria computerizzata. Quest’ultima rappresenta un’evoluzione della perimetria manuale: si è passati dal manuale al computerizzato per associare all’isoptere dei numeri, maggiormente precisi e distribuiti in modo più capillare. Il computer ha pertanto rimpiazzato il Goldmann tranne nei casi molto avanzati di glaucoma o in anziani con un visus molto ridotto, quando si vuole misurare la sensibilità di isolotti eccentrici; in patologie neurologiche con alterazioni grossolane del campo visivo (emianopsie), la perimetria manuale può avere ancora una sua ratio in quanto riduce il tempo d’esecuzione. È una planimetria statica. È detta White-White in quanto gli spots luminosi sono di tonalità bianca e vengono proiettati su di uno sfondo bianco.
Il computer proietta singoli spot luminosi in alcuni punti predefiniti dell’area che si vuole analizzare. A seconda della luminosità percepita, si hanno dei valori in decibel che misurano appunto la sensibilità retinica. La proiezione nello stesso punto è multipla, cioè il computer proietta luci di maggior e di minor intensità; questa è la strategia di soglia: perché arriva a definire un numero al di sopra della quale, la luce non è vista. Si vedano le differenze fra soglia e sensibilità, come termine.
La soglia è una caratteristica della mira. Le mire caratterizzate da un’alta soglia sono molto luminose:
- una mira soglia ha un livello di luminanza tale da permettere la sua discriminazione il 50% delle volte che viene presentata in una determinata locazione;
- le mire soprasoglia sono di intensità luminosa superiore alla soglia e dovrebbero essere, in teoria, sempre discriminate; una mira luminosissima è sicuro che venga vista dal paziente e se non la vede c’è qualche motivo: o il paziente non è attento, in genere, o è stanco dell’esame che sta facendo;
- le mire sottosoglia, viceversa, sono di intensità luminosa inferiore alla soglia e, in teoria, non dovrebbero essere mai discriminate.
La sensibilità, invece, è una caratteristica della retina e si misura determinando la soglia luminosa differenziale in diverse aree; quindi:
- ci sono delle aree di retina dove il paziente è molto sensibile, per cui nota subito lo stimolo;
- ci sono quelle meno sensibili, per cui il paziente non nota lo stimolo.
Esiste una relazione di proporzionalità inversa tra soglia e sensibilità: se, in una determinata locazione, la soglia è molto alta (vale a dire sono percepite solo mire molto luminose), la sensibilità retinica in quell’area è molto bassa.
In base all’età del paziente, la sensibilità retinica centrale e la mappa dei valori più periferici avranno un certo andamento. Ciò consente alla macchia di sviluppare 4 grafici:
- una mappa in valori numerici espressi in Db;
- una mappa in scala di grigi per valutazioni grossolane;
- una mappa numerica con lo scostamento dei valori rispetto alla media della popolazione. In base all’età del paziente, è previsto che un soggetto abbia una certa soglia di sensibilità; se il paziente si discosta da tale soglia, la macchina lo rileva e lo indica in termini probabilistici;
- una mappa numerica con lo scostamento dei valori rispetto al modello individuale.
Il computer fornisce poi dei singoli numeri che sono gli indici perimetrici: MD e PSD. Sono parametri statistici che descrivono il campo visivo.
MD: difetto medio. E’ la media del difetto valutato in tutti i punti del cv. Il MD è importante in patologie che danno difetti diffusi del cv, ad esempio, in cataratta.
PSD: corrispondente al quadrato della deviazione standard di MD. Nel glaucoma è importante la variabilità della sensibilità retinica. La varianza è un concetto statistico che misura la dispersione in un certo campione. La varianza misura la distanza tra l’osservazione e la media. Più è elevata la varianza, più non è omogeneo il campione. E ciò è utile nel glaucoma.
Altri indici sono:
- i falsi negativi, quando il paziente non segnala uno spot la cui luminosità è stata percepita precedentemente
- i falsi positivi, quando il paziente segnala uno spot anche se in realtà il computer sta facendo appositamente una pausa nella proiezione;
- le perdite di fissazione, quando il paziente segnala anche gli spot proiettati in macchia cieca.
Quando questi indici sono superiori al 15-20%, sono sospetti. Più un esame è preciso, più tecnicamente elaborato e complesso, più informazioni ci darà sullo stato della malattia. Con l’aggravarsi della malattia, l’esame sarà sempre più difficile da eseguire. Inoltre, per l’effetto apprendimento, è importante anche lo stato d’animo del paziente.
Esiste, infine, un grafico dei movimenti dell’occhio rilevati grazie ad una telecamera. Il computer proietta delle luci sull’occhio, le quali danno luogo a dei riflessi corneali ben localizzati. Qualora il paziente muova l’occhio, anche tali riflessi cambiano la loro posizione e si ha la possibilità di registrare i movimenti dell’occhio stesso. Sempre grazie a tali riflessi, si ha la possibilità di registrare gli ammiccamenti dell’occhio: una chiusura prolungata delle palpebre fa scomparire totalmente i riflessi corneali alla telecamera e, quindi, è possibile verificare per quanto tempo il paziente ha tenuto gli occhi chiusi non potendo vedere gli spots proiettati.
Per test di screening, il computer proietta sempre la stessa luce di una certa grandezza e luminosità (il cosiddetto visto e non visto) La planimetria di screening valuta difetti grossolani ed è molto utilizzata con finalità medico-legali.