La perdita di un occhio per un tumore, un trauma o come ultimo stadio di una malattia oculare costituisce una condizione drammatica per il paziente. Il trauma psicologico può essere enorme. Il chirurgo oculoplastico deve affrontare molti problemi tecnici ma nello stesso tempo deve fornire al paziente un supporto psicologico e umano per fargli accettare una condizione difficile.
Se un occhio deve essere asportato, la chirurgia ricostruttiva deve raggiungere una serie di obiettivi:
Epitesi estetica
Oltre ai tumori, dove bisogna fare interventi più aggressivi, nella chirurgia della tisi bulbare, complicata o no dall’infezione nel bulbo, sono praticati due interventi che sono l’eviscerazione e l’enucleazione.
L’enucleazione bulbare consiste nell’asportazione di tutto il bulbo, mentre sono lasciati i tessuti annessi al bulbo e alla cavità orbitaria.
L’eviscerazione bulbare è la rimozione del contenuto del bulbo, lasciando lo strato esterno, la sclera ed i muscoli extraoculari ancorati.
Vi sono inoltre condizioni cliniche ove per ragioni diverse ci si trova di fronte a bulbi in tisi o a cavità contratte per interventi pregressi ove non fu impiantato una protesi interna
Bisogna sempre avvertire il paziente che un occhio tisico, traumatizzato può generare una reazione anticorpale contro i tessuti all’interno dell’occhio malato che andranno ad aggredire i tessuti dell’occhio “adelfo” dando luogo all’ oftalmopatia simpatica. Si tratta di una condizione rara, ma che compromette l’acuità visiva dell’occhio vedente.
Spesso i pazienti sono restii a farsi operare per una tisi bulbare, salvo che non vi sia oftalmite e abbiano dolore, forse rimane in loro la speranza che si possa trovare qualcosa che nel futuro restituisca loro la vista. Bisogna essere onesti e dire che un occhio cieco, tisico, deformato, con un contenuto calcificato non potrà mai riprendere una funzione visiva.
L’occhio in tisi, cieco senza alcuna possibilità di recupero della vista presenta un volume ridotto. La sclera e la cornea sono “accartocciati”, possono diventare opaca o bianca ma rimane sensibile e quindi presentarsi come “bulbi dolenti ciechi”. All’interno del bulbo vi sono calcificazioni; può esserci infezione e in questo caso il paziente ha un vivo dolore. Il paziente è obbligato spesso a controllare il dolore con farmaci sistemici.
La tisi bulbare è la condizione finale di malattie infettive o di traumi dell’occhio; in altri casi, il bulbo diventa tisico in seguito ad interventi chirurgici quali il distacco di retina o il glaucoma. Un occhio in tisi e cieco induce alterazioni della posizione della palpebra superiore, che presenta una pseudoptosi, ovvero una ptosi secondaria a mancato volume bulbare sottostante.
A volte, quando il paziente rifiuta un intervento ricostruttivo viene consigliata l’apposizione di una epitesi, per coprire la superficie del bulbo, offrendo una soluzione puramente estetica. L’epitesi FOTO è una protesi che è costruita su misura per il paziente con una colorazione simile a quella dell’occhio non ammalato.
Una semplice applicazione di un’epitesi non costituisce la soluzione ottimale, perché non vengono raggiunti gli obiettivi sopraindicati
Inoltre, quando la cornea è sensibile, appoggiarvi sopra l’epitesi da persistenza del dolore.
Nei casi in cui invece per ragioni diverse, dopo l’asportazione del bulbo o del suo contenuto non è stata inserita una protesi interna si va incontro ad un problema altrettanto impossibile da risolvere, ovvero al fatto che l’epitesi costruita, per sopperire alla retrazione del bulbo, è voluminosa, quindi pesante tanto da non poter essere portata in quanto non rimane in sede con il risultato è che l’epitesi determina infiammazione dei fornici congiuntivali, con infezione e retrazione delle palpebre.
La chirurgia consiste nell’asportazione del tessuto patologico con l’inserimento finale di un’endoprotesi, che sarà calibrata nel diametro per ottenere un volume sufficiente a riempire la cavità orbitaria.
Esistono infatti in commercio diversi tipi di endoprotesi che oggi vengono usualmente impiegate, e variano sia nel diametro, che va da un minimo di 14mm ad un massimo di 22 mm, sia nel tipo di materiale di cui sono costituite. Le più usate sono:
Endoprotesi di silicone: sono sfere di silicone, la cui unica controindicazione consiste nel fatto che anche dopo molti anni dall’impianto possono venire improvvisamente espulse o si dislocano. In questi pazienti si deve ricorrere quindi ad un reimpianto di idrossiapatite oppure ad un impianto dermograssoso.
Endoprotesi di idrossiapatite o di MEDPOR: l’idrossiapatite come biomateriale per impianto orbitario è un sale inorganico prodotto sinteticamente, ma molto simile alla composizione minerale dell’osso umano. Dopo l’impianto questo materiale viene colonizzato da tessuto fibrovascolare dalle strutture circostanti,
I vantaggi dell’uso della biglia di idrossiapatite, a fronte di un costo molto elevato sono minor rischio di migrazione e di estrusione
Nell’intervento di eviscerazione viene inserita direttamente nel guscio sclerale ripulito, mentre nell’intervento di enucleazione é importante rivestirla di materiale autologo quale la sclera o la fascia temporale ove vengono riancorati i muscoli extraoculari.
Endoprotesi di Allen: L’uso di un impianto integrato, cioè un impianto in cui i muscoli extraoculari vengono fissati all’impianto, può dare luogo ad una rotazione leggermente migliore, anche se vi è per contro una maggiore possibilità di espulsione.
Innesto dermoadiposo: è consigliato in tutti quei pazienti in cui gli altri tipi di endoprotesi hanno creato delle complicanze soprattutto quando se ne ha l’estrusione, ove la cavità è coartata, ove siano state impiantate precedentemente protesi inadeguate per volume.
E’ intervento elettivo nei casi di mutilazioni pregresse senza alcun impianto endorbitario.
Il prelievo di tale materiale va eseguito o a livello dei quadranti addominali inferiori o a livello dei glutei.
E’ importante che l’innesto sia sempre lievemente sovrastimato nel volume programmando un inevitabile riduzione dello stesso nel tempo.
Impianto di Guthoff: impianto per enucleazione. E’ costituito da una semisfera anteriore in idrossiapatite ed una posteriore di elastomero siliconico.
Vantaggi dell’idrossiapatite, ottimo rivestimento dei tessuti, e quelli del silicone, libero movimento all’interno della cavità orbitaria. E’ necessario il conformatore post-operatorio.
Espansore cavitario: impianti che si espandono progressivamente all’interno della cavità anoftalmica. Sono stati ideati appositamente per i casi di anoftalmia congenita dove è spesso presente un marcato iposviluppo della regione orbitale e degli annessi.
Scarsamente utilizzati a causa dei risultati contrastanti ottenuti con questo metodo.
Sfera in PMMA (polimetilmetacrilato): impianto molto utilizzato in passato ma ancora preferito da alcuni chirurghi soprattutto in virtù del suo costo molto basso.
Utilizzato sia per eviscerazione che per enucleazione ma a causa della sua rigidità è preferibile impiegarlo nell’enucleazione semplice.
Movimento limitato ed un discreto riempimento della cavità anoftalmica.
Conformatori: protesi provvisoria generalmente bianca (senza iride e vene dipinte) che si applica subito dopo l’intervento di enucleazione o eviscerazione per evitare la retrazione della cavità e mantenere la pervietà dei fornici nei quali andrà a collocarsi la protesi.
Ha forma ovoidale e la sua applicazione è sufficiente per mantenere l’ampiezza della cavità per molte settimane.
Vasta scelta di conformatori: in PMMA, in silicone medicale, in resina acrilica,con o senza perforazione centrale per l’instillazione di colliri e pomate.
Conformatore compressivo: utilizzato tramite apposito bendaggio, sfrutta una forza applicata dall’esterno per favorire la ritenzione della protesi nelle cavità dove è richiesta maggior capacità contenitiva oppure dove si deve aumentare la dimensione dei fornici.
È molto importante quindi che il chirurgo prima dell’intervento discuta con il paziente e i familiari il tipo di procedura chirurgica che intende seguire, i vari tipi di endoprotesi disponibili oggi in commercio e i vantaggi e gli svantaggi di ognuno di essi per il caso specifico.
Soprattutto nel periodo postoperatorio sarà bene spiegare le varie fasi della riabilitazione estetica, dal giorno dell’intervento sino al giorno dell’applicazione della protesi esterna.