Nell’ adulto sono davvero tante le condizioni e le patologie che meritano diagnosi e terapia.
Per questo motivo, così come in ambito pediatrico, vengono indicate esclusivamente quelle maggiormente invalidanti e diffuse.
In un adulto giovane, il calo della vista può verificarsi per differenti ragioni. Crescendo la lunghezza assiale del bulbo aumenta e – quindi – varia la sua refrazione. In questi casi, la semplice sostituzione delle lenti degli occhiali risolverà il problema.
Nel caso di un astigmatismo sospetto si esegue una topografia corneale. Se viene posta diagnosi di cheratocono conclamato, si deve eseguire la stadiazione attraverso ulteriori esami complementari (pentacam) al fine di determinarne la stabilitàe poter impostare la migliore strategia terapeutica per il paziente: lenti a contatto da cheratocono, il cross linking per scongiurare se possibile un futuro trapianto corneale.
Quando il paziente segnala fastidiosi lampi (detti fotopsie) è necessario controllare la retina in dilatazione massimale al fine di escludere o diagnosticare rotture periferiche della retina che possono essere gestite solo con un trattamento laser fotocoagulativo barrante in modo da scongiurare un futuro distacco di retina che deve essere sottoposto ad intervento chirurgico.
Un adulto sopra i 21 anni con stabilià refrattiva da 2 anni si considera potenzialmente idoneo ad eventuale trattamento refrattivo Quindi, per sue ragioni personali (attività sportive, motivazioni estetiche, tipologia lavorativa, intolleranza alle lenti a contatto, ecc.), può desiderare di sottoporsi ad un intervento di chirurgia fotorefrattiva finalizzata a togliere lenti e occhiali.
In questi casi, si eseguono gli esami di idoneità (topografia corneale, pachimetria, conta endoteliale etc ) e, poichè non si tratta di un intervento per patologia, si decide quale sia l’intervento meglio indicato nel suo caso specifico.
In un soggetto adulto il calo della vista deve sempre generare un esame puntuale e accurato.
Tale problematica può infatti consentire la diagnosi di una cataratta al cristallino naturale opaco e duro, con indici di refrazione variati. In questo caso occorre studiare la malattia per stabilire quanto sia evoluta per programmare eventualmente un intervento di asportazione della stessa con impianto di cristallino artificiale supplente (lenti intraoculari monolocali, mutifocali, multifocali toriche, ecc.).
In caso di maculopatia (rientra in questa definizione qualsiasi malattia che colpisce la macula, ovvero la zona più preziosa della retina che serve alla visione centrale distinta e consente di riconoscere i volti, di leggere, di guidare, ecc.) occorre individuare il tipo di degenerazione.
La maculopatia atrofica è la forma più comune e costituisce circa il 90% delle maculopatie senili.
Si verifica in conseguenza all’invecchiamento della retina e della macula, spesso inizia con la comparsa di “depositi” (chiamati DRUSEN) nel fondo oculare e poi evolve in un assottigliamento e un’atrofia della macula e dei tessuti sottostanti. Questo processo evolve lentamente e comporta un lento ma progressivo deterioramento delle capacità visive. L’orientamento terapeutico internazionale è rivolto all’impiego di preparati a base di oligoelementi (zinco e selenio), vitamine (A – E – C) e antiossidanti (selenio – Vit. E – Vit. C). Importante, inoltre, è una corretta protezione dalle radiazioni solari con occhiali da sole.
La maculopatia essudativa è la forma più rara e più grave e costituisce circa il 10% dei casi.
Uno degli eventi più temibili di questa forma è la neovascolarizazione sottoretinica, costituita da neovasi che originano dalla coroide (membrana vascolare nutritiva dell’occhio) e che possono insidiare la retina, provocando con estrema facilità emorragie, versamenti sierosi e, successivamente, la formazione di una cicatrice fibrosa a livello maculare.
Il paziente affetto da questa patologia avrà una riduzione dell’acutezza visiva più o meno rilevante, in relazione all’estensione e all’entità della compromissione maculare. Potrà inoltre lamentare fastidiose metamorfopsie (visione deformata, «ondulata») degli oggetti fissati.
I neovasi sottoretinici sono più identificabili grazie alla fluorangiografia (esame che visualizza i vasi grazie ad un mezzo di contrasto colorato). Il trattamento si basa essenzialmente sull’uso di sostanze che fermano la neoangiogenesi (anti VEGEF) con iniezioni intravitreali ripetute (un’intravitreale al mese per 3 volte) e sulla laserterapia mirata in base alla fluorangiografia. La diagnosi deve essere fatta per tempo affinchè i trattamenti che fermano la situazione in essere possano venire eseguiti quando ancora la funzione visiva è “accettabile” bloccandone l’evoluzione o rallentandone il decorso. Successivamente al trattamento, il paziente deve essere seguito mediante visite e tomografie ottiche computerizzate (OCT)
Dato che è fondamentale porre diagnosi in tempo per poter trattare ragionevolmente tali patologie si consiglia un controllo oculistico periodico (ogni 2 anni) dopo i 50 annidi età.
Un calo della vista acuto e parziale (con amputazione di settori del campo visivo) fa subito pensare ad un distacco retinico. In questi casi, occorre valutare la necessità di intervenire tempestivamente.
Un riscontro per lo più occasionale (in quanto non sintomatico) è quello relativo al glaucoma.
Dopo i 45 anni, si dovrebbe sempre misurare nel corso delle visite la pressione endobulbare, al fine di diagnosticare il prima possibile un danno lento, progressivo ma assoluto delle fibre del nervo ottico. Tale patologia porta silenziosamente alla cecità, dapprima restringendo la visione ad un campo visivo tubulare. Successivamente, in senso centripeto, rende ciechi.
In questi casi occorre un campo visivo, una curva tonometrica, una pachimetria ed un’OCT, finalizzati ad impostare la giusta terapia medica. Questi pazienti devono essere seguiti nel tempo con controlli periodici ben cadenzati per modificare la terapia topica quando serve ed eventualmente impostarne una parachirurgica o chirurgica.
Le patologie sistemiche che più di frequente interessano in senso “distruttivo” le strutture oculari sono il diabete che danneggia irreversibilmente la retina, l’ipertensione non controllata, che può far insorgere emorragie retiniche e vitreali, alterazioni della coagulazioni costituzionali o indotte da terapia antiaggreganti o anticoagulanti per patologie ischemico-emorragiche, le patologie tiroidee.