Calazio e orzaiolo

Cos'è il calazio?

Il calazio rappresenta una neoformazione palpebrale ed è un’infiammazione cronica delle ghiandole di Meibomio. Tali numerose ghiandole sono situate nelle quattro palpebre, sono deputate a produrre la componente lipidica del film lacrimale, con funzione di difesa dell’epitelio corneale. L’ostruzione di una ghiandola di Meibomio causa quindi l’insorgenza di un calazio, che è un processo cronico granulomatoso.

calazio1
orzaiolo

Cos'è l'orzaiolo?

L’orzaiolo è un processo infiammatorio acuto delle ghiandole sebacee alla base delle ciglia. L’orzaiolo può formarsi esteriormente al bordo palpebrale quando colpisce una ghiandola di Zeiss o interiormente alla palpebra quando colpisce una ghiandola del Meibomio. È generalmente causato da una infezione batterica da stafilococco. Questa infiammazione può verificarsi in pazienti soggetti a blefarite.

Sintomi del calazio

Edema e arrossamento della palpebra, dolore, secrezione e infiammazione della congiuntiva. La gravità dei sintomi è in relazione al grado di infiammazione della ghiandola e dal numero di ghiandole coinvolte.

Cause del calazio

E’ certa una componente costituzionale e l’insorgenza può essere scatenata da disordini alimentari o dietetici o coincidere con periodi di importante disagio emotivo o stanchezza.

Prevenzione

La terapia preventiva e per evitare la comparsa di recidive è seguire una dieta “sana” e nella cura degli episodi di blefarite che sono favorenti.

Terapia medica

La terapia del calazio formato o in formazione è con  applicazione di pomate o antibiotico-cortisoniche che deve essere prescritta solo dal medico oculista. In ogni caso, le recidive sono estremamente frequenti.

Terapia chirurgica funzionale e/o estetica

Se la tumefazione non si risolve in 10-20 giorni, ma tende a rimanere si è formata una capsula ed in questo caso è necessario asportare le ghiandole interessate con un intervento chirurgico ambulatoriale in anestesia locale.

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale che viene accertata solo eseguendo esame istologico è con il carcinoma sebaceo e il carcinoma basocellulare è indispensabile nei casi di lesioni ricorrenti.

Neoplasie epiteliali benigne

Cosa sono le neoplastie epiteliali benigne?

Si tratta di lesioni che, sebbene benigne, hanno un potenziale di crescita elevato e per questo vanno asportate quando sono piccole perché comunque l’ammanco richiede una ricostruzione mche mira non solo alla rimozione della lesione stessa, ma al mantenimento della statica e della dinamica palpebrale.

papilloma
Papilloma
corno cutaneo

Corno cutaneo

Cheratoacantoma

Cheratoacantoma

dermoide

Dermoide

Neurinoma plessiforme

Neurinoma plessiforme

angioma

Angioma

Cisti

Cisti da ritenzione delle ghiandole di Moll

Aspetto translucido, contenenti liquido sieroso

Cisti da ritenzione delle ghiandole di Moll

Cisti da ritenzione delle ghiandole di Zeiss

Nodulo a contenuto colesterolemico

Cisti da ritenzione delle ghiandole di Zeiss

Cisti sebacee

Aspetto bianco-giallastro dovute a occlusione delle ghiandole sebacee

Cisti sebacee

Mollusco contagioso

Eziologia virale (Pox virus). Nodulo biancastro ombelicato causa congiuntiviti

mollusco contagioso

Neoformazioni palpebrali benigne e maligne

Cisti di Moll, di Zeiss, idrocistoma della ghiandola sudoripara eccrina, sebacea.

Si tratta di lesioni che, sebbene benigne, hanno un potenziale di crescita elevato.

Il calazio rappresenta una neoformazione palpebrale ed è un’infiammazione cronica delle ghiandole di Meibomio.

Le neoplasie palpebrali maligne costituiscono circa il 90% di tutti i tumori oculari, sono molto comuni perché molte sono indotte dall’esposizione ai raggi solari.

Gli xantelasmi sono granulomi lipofagici.

Ectropion

Attenzione: la pagina contiene immagini di intervento chirurgico.
Le immagini potrebbero urtare la sensibilità dei lettori.

Cos'è l'ectropion?

L’ectropion consiste nell’eversione (rotazione verso l’esterno) del margine libero della palpebra inferiore con perdita del contatto con il bulbo oculare ed esposizione della cornea e della congiuntiva che si presenta iperemica e va incontro a degenerazione metaplastica.

La superficie corneale rimane esposta con fenomeni di disepitelizzaione e la via lacrimale che rimane eversa non pesca nel lago lacrimale con epifora e macerazione cutanea in quando la lacrima continua a fuoriuscire.

Classificazione dell'Ectropion

L’ectropion di solito è

  • acquisito, si osserva in età senile in relazione a processi involutivi che indeboliscono le strutture palpebrali ed i loro tendini
  • cicatriziale per trazione cutanea evertente per traumi ustioni o patologie  dermatologiche
  • paralitico per paralisi del nervo facciale
  • meccanico per il peso esercitato sul bordo da neoformazioni palpebrali.
ectropion cicatriziale
ectropion

Sintomi

I sintomi sono lacrimazione, infiammazione ed ispessimento della congiuntiva esposta, irritazione cronica con sensazione di corpo estraneo e, negli stadi più avanzati cheratite da esposizione.

Diagnosi

Visita preoperatoria: esame oftalmologico completo con valutazione della salute generale (allergie, terapie farmacologiche comprese quelle anticoagulanti/antiaggreganti).

Valutazione dell’acuità visiva ottimizzata, misurazione della pressione intraoculare ed esame del fondo oculare.

Fotografie delle palpebre nelle varie posizioni di sguardo come quadro di riferimento preoperatorio e per il confronto con il postoperatorio.

Posta indicazione chirurgica la si descrive al paziente con le specifiche per il suo caso.

Terapia chirurgica-funzionale e/o estetica

L’intervento principale  è detto LATERAL TARSAL STRIP.
L’intervento viene eseguito in un ambiente sterile (sala operatoria),  in anestesia locale associata o meno ad una sedoanalgesia. L’intervento chirurgico ha l’obiettivo di riposizionare il margine  palpebrale  ed il bordo ciliare.
Si esegue alla palpebra inferiore, una incisione cutanea subciliare a 2 mm. Prima si riduce la lassità orizzontale della palpebra  sganciando ed accorciando i legamenti laterali riagganciandoli all’inserzione periostea orbitaria successivamente si corregge la componente verticale palpebrale quindi vengono esposti e reinseriti i muscoli retrattori della palpebra inferiore. A termine si associa una sospensione cantale ed una plastica cutanea detta triangolo di compenso In questo caso si tratta di una procedura chirurgica associata grazie alla quale la palpebra viene ancorata al margine orbitario con dei punti non riassorbibili per ristabilire la giusta tensione palpebrale. Per eseguire questa manovra chirurgica l’incisione sottociliare viene prolungata per circa 3 cm verso il canto esterno. Nei casi in cui questa manovra chirurgica non sia sufficiente a ripristinare il contatto tra la palpebra e il bulbo oculare, si asporta un tassello di palpebra resezione tarso congiuntivale. Spesso, in caso di  impervietà dei puntini lacrimali si esegue una disostruzione della via lacrimale con un sondaggio e si inserisce un tutore della via lacrimale che si rimuoverà ai controlli postoperatori. Nei casi di ectropion cicatriziali  con retrazione cutanea è necessario un innesto che viene in genere prelevato dalla palpebra superiore. E’ necessario un controllo il mattino seguente all’operazione.

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lateral tarsal strip
lateral tarsal strip 2

Postoperatorio
Gli occhi operati sono medicati con garze compressive fredde per ridurre il edema ed ematoma palpebrale e perioculare. Il mattino seguente all’operazione di ectropion  il paziente torna a controllo. Vengono rimosse le medicazioni, si verifica lo stato di tenuta delle suture e la posizione palpebrale. Generalmente in seconda giornata l’edema raggiunge il grado massimo per cui non si riescono ad apprezzare i risultati della chirurgia dell’ectropion.

Complicanze

  • Normalmente, l’intervento di correzione dell’ectropion è considerato sicuro ma è possibile il verificarsi di alcune complicanze:
  • Ipocorrezione: è possibile e può necessitare  un ulteriore intervento chirurgico.
  • Ipercorrezione con conseguente entropion (inversione delle ciglia verso la superficie oculare): può essere necessario un reintervento.
  • Sanguinamento: si può manifestare durante e più raramente dopo l’intervento anche con esami ematochimici normali e con tecniche chirurgiche adeguate.
  • Deiscenza della ferita per ritardo di cicatrizzazione
  • Chemosi congiuntivale.
  • Infezione: è rara  dopo l’intervento in quanto è limitata dalla ricca vascolarizzazione dei tessuti palpebrali.  E’ risolvibile con una terapia antibiotica adeguata.
  • Cicatrici antiestetiche ed ipertrofiche.
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Retrazione palpebrale

Cos'è la retrazione della palpebra?

Può interessare le palpebre superiori ed inferiori mono o bilateralmente. Si tratta di una retrazione di tutta la palpebra che si manifesta con un’anomalia di posizione del margine palpebrale rispetto al limbus ed esposizione della sclera misurabile in millimetri detta scleral show. Può essere mono o bilaterale.

La retrazione delle palpebre può avere importanti conseguenze estetiche e funzionali:

  • tipico aspetto ad occhi sbarrati e spaventati (sguardo di Darlimple) che muta l’espressione della persona e ne condiziona la vita sociale.
  • eccessiva evaporazione del film lacrimale con epifora e secchezza oculare sino a quadri di severa sofferenza corneale

Etiologia

CAUSE NEUROGENICHE: paralisi del VII nervo cranico o facciale

CAUSE MIOGENICHE: tra cui le più comuni sono l’oftalmopatia di Graves e la miastenia

CAUSE MECCANICHE: alterazioni strutturali della palpebra congenite, neoplastiche, traumatiche o post-chirurgiche

La causa più comune di retrazione palpebrale è l’oftalmopatia tiroidea o Morbo di Basedow per:

  • ipertono del muscolo di Müller
  • fibrosi dei muscoli retrattori palpebrali inferiori
  • aumento del tono e dell’attività del complesso muscolare costituito dall’elevatore palpebrale e dal retto superiore, deputato all’elevazione dell’occhio e della palpebra superiore
  • fibrosi del muscolo retto inferiore che muove l’occhio verso il basso
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paralisi vii nervo
Retrazione palpebrale superiore nella Paralisi del VII nervo cranico
retrazione palpebrale Basedow
Retrazione palpebrale da Morbo di Basedow
retrazione palpebrale traumatica 1
Retrazione palpebrale traumatica

Diagnosi

Visita preoperatoria:
Si indagano l’eventuale presenza di allergie, terapie farmacologiche comprese quelle anticoagulanti/antiaggreganti di distiroidismi, e di pregressi interventi chirurgici o traumi. Esame oftalmologico completo: acuità visiva con correzione ottimale, pressione intraoculare e l’esame del fondo oculare. La superficie oculare verrà esaminata per escludere presenza di occhio cheratiti o esiti di queste ultime fotografie delle palpebre nelle varie posizioni di sguardo come quadro di riferimento preoperatorio e per il confronto con il postoperatorio. Posta la diagnosi e l’indicazione chirurgica si discute della procedura operatoria della chirurgia della retrazione palpebrale.

Terapia medica

Obiettivo: proteggere la cornea e migliorare la sintomatologia fino alla terapia chirurgica

  • colliri
  • pomate
  • applicazione di lente a contatto terapeutica
  • infiltrazioni con tossina botulinica

Terapia chirurgica-funzionale e/o estetica

Posta la diagnosi e l’indicazione chirurgica si discute della procedura operatoria della chirurgia della retrazione palpebrale. Nel caso di Morbo di Basedow è importante affrontare la retrazione palpebrale solo dopo aver corretto il distiroidismo, il difetto di volume orbitario e l’eventuale strabismo. Gli interventi indicati a seconda della condizione clinica del paziente vengono eseguiti in sala operatoria, in anestesia locale associata o meno a sedoanalgesia, solo in casi particolari l’intervento dovrà essere eseguito in anestesia generale.

L’intervento ha indicazione sia estetica che funzionale:

Nei pazienti che lamentano disagio estetico e che provano imbarazzo a causa di un aspetto che non ne rispecchia la personalità e lo stato emotivo. Nei pazienti in cui l’esposizione della superficie oculare si associa ad irritazione congiuntivale cronica, fotofobia, lacrimazione. La più seria complicanza della retrazione palpebrale è la cheratopatia da esposizione che può portare a ulcere corneali fino alla perdita della funzione d’organo.

L’intervento chirurgico ha lo scopo di migliorare la posizione della palpebra.

  • indebolimenti del muscolo di Müller
  • indebolimenti del muscolo elevatore della palpebra superiore
  • impianti di peso d’oro
  • innesti cutanei e/o mucosi e/o condromucosi e/o tendinei e/o spacer costituito da materiale autologo (mucosa buccale, palato duro, cartilagine, derma) o eterologo (sclera proveniente da donatore), o costituito da materiali sintetici
  • blefarotomie viene sezionata a tutto spessore la palpebra superiore ed il muscolo elevatore (blefarotomia) applicando delle suture solo cutanee
  • tarsorrafie
  • lifting medio facciale
  • cantoplastica
  • lateral tarsal strip


Postoperatorio

Gli occhi operati sono medicati con garze compressive fredde per ridurre il gonfiore palpebrale e perioculare postoperatorio. Il mattino seguente all’operazione di retrazione palpebrale il paziente torna a controllo. Vengono rimosse le medicazioni, si verifica lo stato di tenuta delle suture e la posizione palpebrale. Generalmente in seconda giornata l’edema raggiunge il grado massimo per cui non si riescono ad apprezzare i risultati della chirurgia della retrazione palpebrale .


Complicanze

  • Infezioni: sono estremamente rare dopo intervento di correzione della retrazione palpebrale e questo è dovuto anche alla ricca vascolarizzazione dei tessuti palpebrali. Sono risolvibili con una terapia antibiotica adeguata.
  • Ptosi palpebrale; talvolta è necessario eseguire un altro intervento correttivo.
  • Persistenza del lagoftalmo (incapacità di chiudere perfettamente l’occhio): se di lieve entità è normalmente tollerato con l’uso di pomate lubrificanti e/o lacrime artificiali. In caso di lagoftalmo non tollerabile, può essere necessario reintervenire chirurgicamente.
  • Secchezza oculare: in alcuni casi secchezza oculare e sofferenza corneale si possono manifestare anche dopo un intervento di correzione di retrazione palpebrale, più frequentemente in soggetti già affetti da secchezza oculare. Tale problema è generalmente autorisolvente ma necessita talvolta l’uso anche prolungato di lubrificanti oculari.
  • Deiscenza (apertura) di una parete della ferita, per scarsa cicatrizzazione; è necessario quando ampia suturare nuovamente la zona.
  • Fistola cutanea a livello della sutura palpebrale (in caso di blefarotomia); è necessario reintervenire suturando la zona.
  • Chemosi congiuntivale (scollamento della membrana trasparente che avvolge l’occhio per raccolta di liquido), sempre autorisolvente nel tempo.
  • Persistenza della retrazione della palpebra; talvolta è necessario reintervenire a distanza per migliorare la simmetria palpebrale.
  • Asimmetria ed irregolarità localizzate del contorno palpebrale per le quali può essere necessario un reintervento.
  • Ptosi delle ciglia ed entropion, eversione delle ciglia ed ectropion, irregolarità della piega della palpebra superiore e prolasso congiuntivale: possono richiedere un reintervento.
  • Asimmetria del risultato, sia in posizione primaria (nello sguardo dritto davanti), che in altre posizioni di sguardo (ad esempio nello sguardo in basso) può essere presente anche in relazione al normale grado di asimmetria che caratterizza molte persone; può necessitare di un ritocco chirurgico.
  • Asimmetria del contorno palpebrale: può essere necessario un reintervento a distanza.
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Entropion

Attenzione: la pagina contiene immagini di intervento chirurgico.
Le immagini potrebbero urtare la sensibilità dei lettori.

Cos'è l'entropion?

L’entropion consiste nell’inversione (rotazione verso l’interno del margine libero della palpebra inferiore e/o superiore) con conseguente contatto delle ciglia con il bulbo oculare. Il contatto delle ciglia con la cornea provoca le lesioni abrasive della superficie corneale e congiuntivale che possono complicarsi anche con lesioni severe quali ulcere, ascessi corneali o infiltrati e leucomi con compromissione della funzione visiva. L’intervento chirurgico è l’unica soluzione permanente per questa patologia Il trattamento con tossina botulinica, indicato solo in caso di entropion spastico è temporaneo. Si tratta di un intervento in anestesia locale eseguito in regime di Day Hospital da eseguire a brevissimo termine.

Classificazione dell'Entropion

L’entropion di solito è

  • acquisito in età senile in relazione a processi involutivi che indeboliscono le strutture palpebrali ed i loro tendini
  • spastico causato da irritazione oculare persistenti, da un trauma chirurgico o da blefarospasmo.
  • cicatriziale per esiti riparativi trattivi causati da malattie autoimmunitarie o da traumi quali ustioni, causticazioni, traumi lacero-contusi, etc).
  • raramente è congenito
entropion

Sintomi

I principali sintomi sono la sensazione di irritazione oculare e di corpo estraneo e lacrimazione.

Diagnosi

Visita Oculistica preoperatoria
Esame oftalmologico completo e valutazione della salute generale.
Si indagano l’eventuale presenza di allergie , terapie farmacologiche con attenzione alle terapia con anticoagulanti e antiaggreganti. L’esame oftalmologico: l’esame alla lampada a fessura evidenzia i segni indotti dell’entropion su congiuntiva e cornea si esegue la misurazione dell’acuità visiva con miglior correzione, la misurazione della pressione intraoculare e l’esame del fondo oculare non ultima la valutazione della posizione e della pervietà delle vie lacrimali.

Fotografie delle palpebre nelle diverse posizioni di sguardo come quadro di riferimento preoperatorio e per il confronto con il postoperatorio.

Colloquio informativo
Posta l’indicazione chirurgica e descritta la procedura operatoria si discutono rischi e benefici del caso specifico

Terapia chirurgica-funzionale e/o estetica

L’intervento principale  è detto LATERAL TARSAL STRIP. L’intervento viene eseguito in un ambiente sterile (sala operatoria), in anestesia locale associata o meno ad una sedoanalgesia. L’intervento chirurgico ha l’obiettivo di riposizionare il margine palpebrale ed il bordo ciliare. Si esegue alla palpebra inferiore, una incisione cutanea subciliare a 2 mm. Prima si riduce la lassità orizzontale della palpebra sganciando ed accorciando i legamenti laterali e riagganciandoli all’inserzione periostea orbitaria, successivamente si corregge la componente verticale palpebrale quindi vengono esposti e reinseriti i muscoli retrattori della palpebra inferiore e si accorcia per plicatura, riancorandolo al piatto tarsale palpebrale, il muscolo orbicolare. A termine si associa una sospensione cantale.

In questo caso si tratta di una procedura chirurgica associata grazie alla quale la palpebra viene ancorata al margine orbitario con dei punti non riassorbibili per ristabilire la giusta tensione palpebrale. Per eseguire questa manovra chirurgica l’incisione sottociliare viene prolungata per circa 3 cm verso il canto esterno.

Postoperatorio
Si medica con garze compressive fredde per ridurre l’edema palpebrale e perioculare.
Il giorno dopo il paziente viene al controllo. Vengono rimosse le medicazioni, si verifica lo stato di tenuta delle suture e la posizione palpebrale.
In settima giornata vengono rimossi i punti di sutura

Complicanze
L’intervento di correzione dell’entropion è considerato relativamente sicuro ma è possibile il verificarsi di alcune complicazioni:

  • Ectropion della palpebra inferiore: l’eversione del bordo libero della palpebra inferiore può essere causato da una ipercorrezione dell’entropion. Spesso si risolve spontaneamente con la ripresa dell’attività muscolare, con un adeguato massaggio o con la rimozione anticipata delle eventuali suture evertenti; raramente è necessario un reintervento correttivo.
  • Ipocorrezione e recidiva: è possibile e può necessitare un ulteriore intervento chirurgico.
  • Sanguinamento: si può manifestare durante e più raramente dopo l’intervento anche con esami ematochimici (del sangue)
    normali e con tecniche chirurgiche adeguate. Molto raramente necessita della riapertura della ferita o di drenaggio.
  • Deiscenza (apertura) della ferita per ritardata o difficile cicatrizzazione: è necessario riapporre le suture.
  • Chemosi congiuntivale (scollamento della membrana trasparente, la congiuntiva, che avvolge l’occhio per raccolta di liquido):
    in genere autorisolvente nel tempo.
  • Infezione: è rara dopo l’intervento in quanto è limitata dalla ricca vascolarizzazione dei tessuti palpebrali.
    È risolvibile in genere con una terapia antibiotica adeguata.
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Ptosi

Cos'è la ptosi palpebrale?

La ptosi palpebrale è un cedimento strutturale delle palpebre (prevalentemente superiori), mono o bilaterale. Gli occhi appaiono “piccoli” e chiusi e si arriva persino all’impossibilità di un’apertura volontaria degli stessi e ad una contrazione massimale di compenso del muscolo della fronte che si presenta con rughe profonde e presenti particolarmente da un solo lato ove vi è una elevazione di compenso del sopracciglio. E’ caratteristica è la posizione del capo detta “ sguardo da astronomo”. In alcuni pazienti diviene addirittura necessario tenere aperte le palpebre con le dita o apporre dei cerotti.

E’ molto importante valutare nei bambini la ptosi in quanto a seconda del grado di chiusura palpebrale possono sviluppare ambliopia o un ritardo nello sviluppo dovuto alla limitazione dell’organo della vista. I muscoli deputati all’elevazione della palpebra superiore sono: l’elevatore della palpebra superiore, innervato dal III nervo cranico o oculomotore che è anche responsabile della maggior parte dei movimenti dell’occhio, ed il muscolo di Muller, innervato dal sistema simpatico che è in grado di produrre un’elevazione di 1-2 mm. La chiusura e l’apertura delle palpebre è possibile anche grazie all’azione del muscolo orbicolare, innervato dal nervo facciale o VII nervo cranico. Dall’azione coordinata di tutti questi muscoli si ottiene un corretto rapporto tra statica e dinamica palpebrale. Di fronte ad una ptosi la prima valutazione mira a stabilire se è congenita ovvero presente dalla nascita oppure se è comparsa e progredita nel tempo ed è così detta acquisita. Questa distinzione e fondamentale per impostare una terapia chirurgica corretta. Fotografie del paziente possono aiutare l’oculista nell’identificare la tipologia di ptosi

ptosi congenita

Ptosi congenita

a ptosi è data dalla mancata funzione del muscolo sebbene l’impulso nervoso all’elevazione sia presente. Rientrano in questa classificazione malformazione e/o sviluppo incompleto, distrofia, degenerazione o qualsiasi tipo di insulto traumatico del muscolo elevatore della palpebra superiore. Può essere unilaterale o bilaterale ed è di solito caratterizzata dalla riduzione o dall’assenza della funzione del muscolo elevatore e dall’ assenza della piega palpebrale. La ptosi palpebrale congenita si può ritrovare in molte sindromi e può associarsi con una disfunzione del muscolo retto superiore, ambliopia (mancato sviluppo della vista), astigmatismo e strabismo.

Altre cause di ptosi palpebrale miogena includono:

  • oftalmoplegia esterna progressiva
  • fibrosi congenita
  • disordini della giunzione neuromuscolare (come ad esempio la miastenia)
  • distrofie muscolari (come la distrofia miotonica)

Anche un trauma diretto può danneggiare il muscolo elevatore senza colpire la sua aponeurosi o la sua innervazione.

ptosi miogena

Ptosi palpebrale neurogena (di origine neurologica)

E’ determinata da un mancato arrivo dello stimolo nervoso al muscolo elevatore.
Le cause di ptosi palpebrale neurogena sono:

  • disfunzioni del III nervo cranico (oculomotore)
  • sindrome di Horner (perdita dell’innervazione simpatica del muscolo di Muller)
  • fenomeno di Marcus-Gunn (durante la masticazione si assiste ad una retrazione della palpebra ptosica
  • botulismo (pupille dilatate, bocca asciutta, paresi flaccida e ptosi
  • sclerosi multipla
  • emicrania oftalmoplegica.

La palpebra appare “piatta”, non è presente la plica palpebrale , le ciglia sono ptosiche. Al sospetto si esegue “la prova dei colliri” ovvero, stimolando i recettori adrenergici muscolari instillando un collirio alla fenilefrina la palpebra si eleva perché il muscolo è conservato e risponde alla richiesta di contrazione indotta.

Ptosi aponeurotica o acquisita

È la forma più comune di ptosi palpebrale acquisita, quindi non presente dalla nascita. E’ dovuta ad un fenomeno progressivo di allungamento per degenerazione dell’aponeurosi o tendine del muscolo elevatore, la plica palpebrale è presente, molto arretrata ed è tipicamente asimmetrica, ma il muscolo elevatore mantiene le sue capacità contrattili. A volte questa condizione è data da un trauma o da una chirurgia oculare pregressa.

ptosi aponeurotica

Ptosi traumatica

Indotta da traumi o lesioni

retrazione palpebrale traumatica

Ptosi meccanica

Viene indotta da:

  • reazioni cicatriziali
  • neoformazioni palpebrali
  • blefarocalasi
ptosi meccanica

Diagnosi

La diagnosi è clinica e deve tener conto:

  • dell’epoca di insorgenza (cioè quando ha fatto la sua comparsa)
  • della familiarità (presenza nei parenti)
  • della progressione (come è peggiorata nel tempo)
  • dell’eventuale presenza contemporanea di altri manifestazioni principalmente neurologiche
  • della funzione residua del muscolo elevatore palpebrale che è l’elemento che permette di porre la corretta indicazione chirurgica

 

Visita preoperatoria
Esame oftalmologico: completo e valutazione dello stato di salute generale. Si indagano l’eventuale presenza di allergie, terapie farmacologiche comprese quelle anticoagulanti e antiaggreganti;
Esame oftalmologico: prevede la misurazione della vista con miglior correzione, la misurazione della pressione intraoculare e l’esame del fondo oculare. La superficie oculare è esaminata per escludere la presenza di occhio secco e patologie da malposizione palpebrale associate Sono eseguite misurazioni della posizione delle palpebre e delle sopracciglia.

Fotografie: vengono eseguite fotografie preoperatorie nelle 9 posizioni di sguardo e postoperatorie.

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Terapia chirurgica-funzionale

La terapia della ptosi, sia congenita che acquisita, è chirurgica. Le condizioni sistemiche e/o le sindromi congenite associate, qualora presenti, richiedono il trattamento specifico, da effettuarsi in collaborazione con lo specialista più indicato (internista, neurologo, ecc.).

La ptosi condiziona una amputazione del campo visivo che assume particolare importanza nel bambino, nelle prime fasi di sviluppo, in quanto, se è tale da coprire il campo pupillare può costituire un impedimento allo sviluppo della funzione visiva con un danno permanente detto ambliopia.

L’intervento è eseguito in un ambiente sterile (sala operatoria), normalmente in anestesia locale associata a sedoanalgesia e solo nel bambino in anestesia generale.
L’intervento chirurgico ha lo scopo di migliorare la funzionalità della palpebra, di riposizionarla , di evitare effetti ambliopigenici e di restituire, per quanto possibile, la simmetria tra i due occhi.

Gli interventi principali sono:

  • la plicatura dell’aponeurosi del muscolo elevatore o l’accorciamento e la reinserzione del muscolo elevatore per riportare lo stesso alle condizioni originarie
  • la sospensione della palpebra al muscolo frontale che può avvenire con materiale autologo (cioè prelevato dal paziente come la fascia lata) o eterologo (cioè sintetico, come silicone o Gore-tex , prolene etc).

Le diverse opzioni chirurgiche sono in relazione al tipo di ptosi e al grado di funzionalità del muscolo che eleva la palpebra , il cut off è la funzionalità residua del muscolo che non deve essere inferiore ai 4 mm.
Gli occhi operati sono medicati con garze compressive fredde per ridurre il gonfiore palpebrale e perioculare postoperatorio. Non vengono occlusi.
Alla dimissione viene consegnato il foglio delle terapie che consisteranno nell’utilizzo di pomate o gel antibiotici, cortisonici e favorenti la cicatrizzazione. Il mattino seguente all’intervento chirurgico il paziente torna alla visita di controllo. Si rimuovono le medicazioni, si verifica lo stato di tenuta delle suture e la posizione palpebrale.
Generalmente in seconda giornata l’edema raggiunge il grado massimo per cui non si riescono ad apprezzare i risultati della chirurgia della della ptosi. E’ frequente una difficoltà a chiudere l’occhio operato con possibile sintomatologia oculare da esposizione trattata con lubrificanti.

Complicanze

Alcune complicanze sono molto rare, altre più comuni. E’ importante che il paziente comunichi al proprio chirurgo eventuali dubbi o preoccupazioni in modo che il chirurgo possa tranquillizzare e risolvere ogni dubbio. Chiarito ogni dubbio il paziente può firmare il modulo del consenso informato alla chirurgia della ptosi.
Complicanze gravi sono rare ma possono verificarsi anche nelle mani di chirurghi oculoplastici esperti. Ogni sforzo viene messo in atto per ridurre al minimo il rischio di complicazioni e ogni chirurgo oculoplastico è addestrato per gestire queste complicanze.

  • Infezioni: sono estremamente rare dopo intervento di chirurgia della ptosi e questo è dovuto anche alla ricca vascolarizzazione dei tessuti palpebrali. Sono risolvibili con una terapia antibiotica adeguata.
  • Secchezza oculare: in alcuni casi la secchezza oculare e la sofferenza corneale si possono manifestare dopo un intervento di chirurgia della ptosi, più frequentemente in soggetti già affetti da secchezza oculare. Tale problema si risolve generalmente da solo, ma necessita talvolta l’uso anche prolungato di lubrificanti oculari.
  • Retrazione palpebrale (ipercorrezione della ptosise eccessiva è necessario eseguire un ulteriore intervento correttivo.
  • Incapacità di chiudere perfettamente l’occhio (lagoftalmo): se di lieve entità è normalmente tollerato con l’uso di pomate lubrificanti e/o lacrime artificiali. Nel caso in cui il lagoftalmo non fosse tollerabile, può essere necessario un ulteriore intervento chirurgico.
  • Deiscenza (apertura) di una parte della ferita, per scarsa cicatrizzazione; se ampia è necessario suturare nuovamente la zona.
  • Chemosi congiuntivale (scollamento della membrana trasparente che avvolge l’occhio per raccolta di liquido), si risolve spontaneamente nel tempo.
  • Cicatrici antiestetiche ed ipertrofiche sono rare nell’intervento di chirurgia della ptosi.
  • Asimmetria del risultato: può essere presente anche in relazione al normale grado di asimmetria che caratterizza molte persone evidenziata , descritta e fotografata della quale il paziente deve essere messo al corrente prima dell’intervento.
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Malposizioni palpebrali

La ptosi palpebrale è un cedimento strutturale delle palpebre (prevalentemente superiori), mono bilaterale.

Si tratta di una retrazione di tutta la palpebra che si manifesta con un’anomalia di posizione del margine palpebrale rispetto al limbus ed esposizione della sclera misurabile in millimetri detta scleral show.

L’entropion consiste nell’inversione (rotazione verso l’interno del margine libero della palpebra inferiore e/o superiore) con conseguente contatto delle ciglia con il bulbo oculare.

L’ectropion consiste nell’eversione (rotazione verso l’esterno) del margine libero della palpebra inferiore con perdita del contatto con il bulbo oculare ed esposizione della congiuntiva.

Strabismo

Cos'è lo strabismo?

Lo strabismo è una deviazione di uno o entrambi gli occhi rispetto al punto di fissazione (gli assi visivi non sono, quindi, diretti verso lo stesso punto dello spazio) e viene distinto a seconda della direzione di tale deviazione: strabismo convergente (l’occhio è deviato verso l’interno), strabismo divergente (l’occhio è deviato verso l’esterno) e strabismo verticale (l’occhio è deviato verso l’alto o il basso).

Lo strabismo, inoltre, può essere congenito, ad insorgenza precoce o tardiva, costante o intermittente (la deviazione è presente solo in alcuni momenti della giornata), monolaterale (interessa sempre e solo un occhio) o alternante (interessa i due occhi alternativamente).

strabismo

I muscoli extraoculari

Ogni occhio è dotato di 6 muscoli e questi muscoli hanno una caratteristica molto particolare: sono accoppiati, tutti i movimenti oculari sono accoppiati. In altre parole il RM, il quale adduce, deve essere accoppiato contemporaneamente con il non movimento, con il rilasciamento del RL. Questa condizione si chiama legge dell’innervazione reciproca. Ciò è molto ragionevole: se si deve andare con un occhio in adduzione, il RL, ovviamente, si deve rilasciare.


L’altra cosa importante è che i due occhi hanno una corrispondenza, ovvero i due muscoli, per esempio, che sono destinati al movimento di lateroversioni destra devono essere appaiati; quindi, il RL dell’occhio di destra si contrarrà insieme al RM dell’occhio di sinistra.

muscoli occhio

Un’altra cosa importante è che già conoscendo l’anatomia del sistema nervoso dei nervi cranici, si potrà fare una diagnosi abbastanza semplice di una condizione di diplopia, per capire qual è il nervo che può essere interessato. I nervi cranici oculomotori sono 3:

  • Il III n.c. è l’oculomotore comune, il quale determina il movimento del RM, del RI, del RS e dell’OI;
  • Il IV n.c. è il trocleare, il quale determina il movimento dell’OS. Si chiama trocleare perché è presente una struttura chiamata troclea che funge proprio da puleggia, da carrucola, permettendo all’OS di fare un movimento particolare torsionale;
  • Il VI n.c., dato che determina i movimenti di abduzione, cioè di spostamento laterale, innerva il RL ed è detto abducente.

Gli unici 2 muscoli che non sono innervati dal III n.c. sono l’OS e l’RL.
Una particolarità molto importante è che il III n.c., oltre ad innervare i suddetti muscoli oculari, innerva anche il muscolo elevatore della palpebra ed, oltre a questo, è anche responsabile della motilità oculare intrinseca. Quindi, i movimenti della pupilla ed, in particolare, il muscolo sfintere dell’iride sono regolati dal III n.c., o piuttosto da fibre del parasimpatico che prendono a nodo il tragitto del III n.c. ed arrivano al muscolo sfintere della pupilla. È molto probabile che quando ci si trova di fronte ad una lesione del III n.c. si abbia contestualmente anche una media midriasi, cioè la risposta della pupilla sarà una risposta meno efficace, non sarà capace di costringersi. Già con queste informazioni si può avere un’idea di ciò che ci si deve aspettare in caso di una paralisi di uno di questi 3 nervi cranici.
Un’altra cosa importante che riguarda i movimenti è che, come per i muscoli orizzontali e verticali, pure per i muscoli ciclo rotatori, i quali sono l’OS e l’OI, quando se ne contrae uno l’altro si deve decontrarre.

Tipi di strabismo

Come abbiamo visto, lo strabismo non è solo un problema di carattere estetico, ma soprattutto funzionale: è un’alterazione della visione binoculare causata da una lesione dell’apparato motore, lesione che può essere di natura paralitica o di natura non paralitica.

Lo strabismo paralitico è dovuto a inefficienza di un muscolo oculare in seguito a lesione nervosa, infiammatoria o traumatica. Cause di paresi possono essere dunque traumi cranici, malattie vascolari, malattie infettive, degenerative del sistema nervoso centrale, diabete. Gli occhi possono apparire in posizione corretta o presentare uno strabismo che si accentua nella posizione in cui dovrebbe agire il muscolo paralizzato.
L’angolo di deviazione è massimo nel campo di azione del muscolo difettoso in quanto all’impossibilità di muovere l’occhio paretico corri-sponde una risposta superiore alla norma del muscolo corrispondente nell’altro occhio. Il sintomo principale di uno strabismo paralitico è la diplopia, spesso accompagnata da vertigini, difficoltà di orientamento e tendenza ad inclinare la testa in senso opposto alla deviazione.

Gli strabismi non paralitici dipendono da anomalie dei fattori nervosi che regolano la posizione degli occhi: ogni muscolo preso singolarmente è normalmente funzionante, ma viene alterato l’equilibrio (detto ortoforia) che regge il meccanismo della visione binoculare.
Se quest’alterazione non è costante e si manifesta solo in determinate condizioni si è in presenza di eteroforia o strabismo latente, se invece l’alterazione è ben visibile in qualsiasi condizione si è in presenza di eterotropia o strabismo concomitante manifesto.

L’eteroforia
Nell’eteroforia o strabismo latente la deviazione viene mantenuta latente dal meccanismo della fusione: la deviazione oculare è quindi evidente solo quando viene interrotta la fusione o quando viene a mancare lo sforzo che il soggetto deve compiere.
Per mantenere la fusione i sintomi sono legati allo sforzo e consistono in cefalea, stanchezza visiva che può accentuarsi nella visione da vicino, bruciore, fotofobia; talvolta si evidenzia l’inclinazione del capo e l’aggrottamento delle sopracciglia.

L’eterotropia
L’eterotropia o strabismo concomitante è una deviazione degli occhi non corretta dal meccanismo della fusione. In questo tipo di strabismo la deviazione è sempre presente e manifesta e l’angolo di deviazione non cambia ovunque si guardi. A differenza dello strabismo paralitico, non è presente la diplopia perché il paziente riesce a eliminare l’immagine dell’occhio deviato (soppressione).
Esistono tre tipi di strabismo concomitante: accomodativo, tonico e misto.
Alla base dello strabismo accomodativo vi è un’alterazione del rapporto convergenza/accomodazione, generalmente causata da un’ipermetropia non corretta: il bambino ipermetrope tende a compensare il difetto di rifrazione accentuando l’accomodazione, scatenando così lo strabismo.
Alla base dello strabismo tonico l’alterazione del rapporto convergenza/accomodazione è, invece, a favore della convergenza che viene aumentata per un difetto innervazionale, muscolare o orbitario.
Nello strabismo misto coesistono sia la componente accomodativa sia quella tonica. Lo strabismo concomitante non dà sintomi particolari in quanto intervengono meccanismi di compensazione diversi a seconda dell’età del paziente (soppressione, alternanza)

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Cause

Lo strabismo può essere legato a difetti visivi o a patologie oculari piuttosto serie. Tra i principali fattori si ricordano:

  • ereditarietà
  • anomalie oculari (cataratta, ptosi, ecc.)
  • difetti rifrattivi
  • paresi di origine cerebrale
  • paresi di uno dei muscoli oculari

Nel bambino lo strabismo può essere causato da vizi refrattivi non corretti, l’ipermetropia ad esempio determina frequentemente strabismo convergente.
Altra comune causa di strabismo è la ridotta acuità visiva in un occhio (ambliopia) che impedisce la normale collaborazione tra i due occhi, generando di solito uno strabismo divergente. A volte, inoltre, lo strabismo compare fin dalla nascita (congenito) o nei primi mesi di vita non legato ad altre alterazioni oculari.
Nell’adulto l’improvvisa comparsa di forme di strabismo va normalmente collegata a fenomeni di paresi dei muscoli oculomotori o interpretata come manifestazione della presenza di uno strabismo latente scompensatosi o ad insorgenza di diabete scompensato o ad accidenti cerebrali vascolari.

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Gli effetti sulla visione

Il mancato allineamento dei due occhi determina una stimolazione di punti retinici non corrispondenti. L’occhio deviato porta al cervello un’immagine diversa rispetto a quella dell’altro occhio perché la sua fovea fissa un oggetto differente, determinando così una fastidiosissima visione doppia. Il cervello tende, quindi, ad escludere, o per meglio dire a sopprimere, le informazioni provenienti dall’occhio strabico perché creano confusione. Se la soppressione è costante, l’occhio deviato non viene utilizzato, non sviluppa o perde l’acuità visiva, fino a generare un’ambliopia (forma duratura di debolezza visiva per cui un occhio, sebbene anatomicamente normale, non è in grado di vedere bene), che col tempo può diventare irreversibile. L’ambliopia può insorgere anche in presenza di microstrabismo, cioè quando l’angolo di deviazione è molto piccolo: in questo caso gli oggetti non vengono visti doppi, anzi il paziente presenta una fusione binoculare ed una seppur rudimentale stereopsi, grazie all’instaurarsi di una corrispondenza retinica anomala, una sorta di collaborazione tra la fovea dell’occhio sano ed una zona della retina dell’occhio deviato molto vicina alla fovea, ma con capacità visiva inferiore. Nel bambino al di sotto di sei anni, quanto più a lungo l’abitudine alla soppressione rimane ignorata, tanto più diventa difficile riportare alla normalità l’acutezza visiva dell’occhio strabico. La prevenzione dell’ambliopia è sicuramente il motivo più valido per un trattamento tempestivo del bambino strabico.
Nell’adulto invece, l’insorgenza di uno strabismo provoca una visione doppia (diplopia) in quanto il cervello, abituato ad utilizzare le immagini provenienti da entrambi gli occhi, non è in grado di eliminare l’immagine dell’occhio deviato.

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Il trattamento dello strabismo

Il trattamento dello strabismo è finalizzato, per prima cosa, al recupero visivo e funzionale di entrambi gli occhi. Solo quando si sarà ottenuto un buon visus o l’alternanza di visione dei due occhi, si potrà passare alla fase successiva, cioè all’eventuale riallineamento dei bulbi oculari. La terapia si basa sulla correzione ottica, sulla terapia anti-ambliopica e sull’eventuale chirurgia.
Il trattamento ottico è fondamentale: le lenti devono essere prescritte al più presto possibile, previa determinazione del vizio di refrazione, dopo opportuna cicloplegia. Le lenti hanno effetti molteplici: migliorare l’acutezza visiva, influenzare il rapporto accomodazione-convergenza, diminuire e talora annullare la deviazione oculare.
Anche la terapia antiambliopica deve essere iniziata al più presto e nel modo migliore, a seconda del caso, ricorrendo a vari mezzi: occlusione diretta, con bende adesive o con filtri semitrasparenti posti sugli occhiali; penalizzazione ottica, con lenti più forti o più deboli poste davanti ad un occhio; penalizzazione farmacologia con cicloplegico instillato monocularmente; con settori, filtri a copertura parziale delle lenti; con lenti a contatto occlusive; con stimolazioni visive che sfruttano i potenziali evocati visivi (PEV).

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La chirurgia nello strabismo

La chirurgia dello strabismo mira al recupero della funzione visiva unitamente alla scomparsa o alla riduzione di una deviazione che persiste nonostante trattamenti ottici assidui. L’intervento chirurgico, praticato in anestesia generale nei bambini e in anestesia locale negli adulti, consente di intervenire sui muscoli dell’occhio, in modo da mettere gli occhi il più possibile in asse: praticando un’incisione sulla congiuntiva, il chirurgo strabologo può accedere ai muscoli oculari e intervenire su di essi accorciandoli o modificandone la posizione dell’inserzione sul bulbo. L’intervento è totalmente esterno al bulbo oculare e perciò non dà modificazione né sul visus né sulla refrazione.

L’intervento chirurgico
L’obiettivo dell’intervento è indebolire l’azione dei muscoli che funzionano troppo, o accentuare quella dei muscoli che funzionano poco (anche in caso di lesioni ai nervi, i muscoli sono danneggiati, quindi, si interviene su questi ultimi). In pratica si apre l’occhio e, attraverso un taglio effettuato all’interno dell’occhio (dietro il bulbo oculare), si raggiungono i muscoli che muovono l’occhio e che permettono la visione: se l’obiettivo è indebolire i muscoli, questi vengono spostati all’indietro, se, invece, si vuole rafforzarli, allora li si sposta in avanti. L’età migliore per effettuare l’intervento è intorno ai tre anni. L’operazione, comunque, può essere effettuata anche durante l’età adulta (ci sono persone che non hanno corretto il disturbo durante l’infanzia). L’intervento sui bambini viene sempre eseguito in anestesia generale. Nel caso degli adulti, invece, si può operare anche in anestesia locale o topica (con gocce di anestetico): dipende dalle caratteristiche della persona (se è impressionabile o tende a muoversi troppo è meglio l’anestesia locale o generale). Se lo strabismo è congenito non è possibile ottenere la visione binoculare nemmeno attraverso l’intervento chirurgico. E’ possibile, però, fare in modo che gli occhi raggiungano un certo grado di cooperazione: in questo caso è importane operare il bambino prima dei tre anni e comunque non dopo i cinque, altrimenti non è più possibile garantire la cooperazione tra i due occhi.

Dopo l’intervento
L’intervento ha una durata variabile a seconda del grado di strabismo: se si devono spostare solo due muscoli dura all’incirca 30 minuti, se, invece, è necessario agire su quattro muscoli, allora può durare anche un’ora e mezza. La tendenza attuale è di non bendare i bambini dopo l’intervento, ma di applicare solo una pomata antibiotica. In questo modo i piccoli, quando si risvegliano, possono immediatamente riaprire gli occhi vivendo, così, in maniera meno traumatica la situazione. I risultati non sempre sono definitivi. In certi casi è necessario reintervenire a distanza di qualche mese: succede soprattutto in caso di strabismi marcati, che interesano più muscoli. La situazione va comunque valutata a distanza di tempo: a volte il secondo intervento, che sembrava necessario, non lo è più. L’intervento non corregge eventuali difetti visivi legati allo strabismo. La persona viene dimessa, in genere, il giorno successivo all’operazione. Nei giorni che seguono l’intervento, gli occhi sono rossi. Possono presentarsi anche disturbi visivi passeggeri, lacrimazione, bruciore, prurito e a volte mal di testa. Tutti questi segni spariscono solitamente con un trattamento locale (gocce o pomata) a base di antibiotico e cortisone. La cicatrizzazione completa della congiuntiva richiede più giorni.

I consigli per i genitori
Prima dei sei mesi di vita può succedere che il bambino sia strabico: l’apparato visivo, infatti, non è ancora giunto a completa maturazione. Se gli occhi presentano uno strabismo intermittente (temporaneo e non costante) non è, quindi, il caso di preoccuparsi. Se lo strabismo è costante, è necessario rivolgersi subito allo specialista, anche se il bambino ha pochi giorni o settimane di vita. Infatti, può trattarsi di strabismo secondario, dovuto a altre malattie (come la cataratta). Attenersi esclusivamente alle indicazioni dello specialista per quanto riguarda la manovra di occlusione. Sottoporre il piccolo a controlli regolari: sia per monitorare la vista, sia per tenere sotto controllo lo strabismo e decidere per l’eventuale intervento. E’ importante che i genitori siano sempre disposti a collaborare, sia prima, sia dopo l’intervento (in certi casi l’occlusione deve essere fatta anche dopo l’operazione).

Strabismo in età pediatrica

La paralisi del grande obliquo: quando il bimbo reclina il capo

Piegare la testina da una parte mentre si legge, si gioca o si disegna è un fatto abbastanza comune nei bambini, che si manifesta soprattutto tra i tre e i sette-otto anni di età. Questo atteggiamento spesso infastidisce i genitori, i quali si sentono in dovere di riprendere il figlio, sgridandolo un po’, magari con dolcezza, per fargli perdere quella che, secondo loro, è solo una cattiva abitudine. Invece, spesso si tratta di una postura che il bambino è costretto ad assumere per stare più comodo, o addirittura per riuscire a vederci meglio. E’ la conclusione alla quale è giunto uno studio, condotto dall’Università di Milano su un grande numero di bambini di età prescolare e scolare, che tendevano a tenere, appunto, il capo sempre piegato da un lato. I ricercatori hanno avuto modo di verificare che, nella maggior parte dei casi, l’atteggiamento era dovuto a un disturbo di origine ortopedico-muscolare, il cosiddetto torcicollo miogeno congenito. In un alto numero di casi, poi, la postura scorretta era dovuta a un problema legato all’organo della vista. Nello specifico, era coinvolto il muscolo obliquo superiore dell’occhio. In entrambi i casi, non si tratta di disturbi seri, ma questi vanno approfonditi e curati in modo che non diano problemi più avanti con gli anni. Ma vediamo, nel dettaglio, di che cosa si tratta.

Lo studio
Indagare le cause che costringono i bambini a piegare la testa sempre dallo stesso lato è stato l’obiettivo di una ricerca, condotta dall’equipe di specialisti del Centro di Oftalmologia Pediatrica dell’ospedale San Paolo di Milano e coordinata dal professor Paolo Nucci, direttore del Centro stesso e Consigliere della Società Oftalmologica Italiana. Lo studio, grazie ai risultati innovativi raggiunti, ha meritato la pubblicazione sulla rivista medica statunitense American Journal of Ophthalmology. Gli esperti hanno preso in esame 63 bambini, che frequentavano la scuola materna o i primi anni di scuola elementare. A tutti questi piccoli, il pediatra di famiglia aveva diagnosticato un atteggiamento anomalo del capo, che, secondo i pediatri, aveva cause più serie, che era il caso di indagare. I bambini sono stati sottoposti a una serie di controlli medici specialistici, da parte di neurologi e di ortopedici. Quindi, sono stati osservati da oftalmologi. Nei confronti di questi piccoli i medici hanno osservato un’attenzione e una delicatezza particolare, per non indurre timore, ma per stimolare la collaborazione. Ed ecco i risultati. Su 63 bambini, ben 35 tenevano la testa piegata da un lato a causa di un problema ortopedico, 25 avevano un problema alla vista. Solo nei pochi casi restanti, il problema era dovuto a problemi di tipo neurologico.

Se è “colpa” degli occhi
Se la tendenza a piegare la testa da un lato del corpo è dovuta all’organo della vista, il bambino può avere un problema a un muscolo dell’occhio che si chiama grande obliquo. Si può trattare, cioè, della cosiddetta “paralisi del grande obliquo”. Ecco di che cosa si tratta.

Se il muscolo non si muove
La paralisi del grande obliquo è un difetto di un muscolo chiamato “grande obliquo” o “obliquo superiore” dell’occhio. Questo muscolo, insieme con il muscolo “obliquo inferiore” (detto anche “piccolo obliquo”) consente i movimenti di torsione dell’occhio. Questi muscoli sono inseriti sulla sclera, cioè la parte esterna, bianca dell’occhio, tra i muscoli retti orizzontali e verticali.  Sempre inseriti sul bulbo oculare, ci sono i “muscoli retti inferiore e superiore”, che permettono i movimenti verso l’alto e verso il basso. Si trovano inseriti, rispettivamente, nella parte superiore e inferiore del bulbo oculare e lo collegano con la struttura ossea interna della cavità cranica.
I “muscoli retti mediale e laterale” (che si trovano inseriti a sinistra e a destra del bulbo) permettono i movimenti orizzontali. Il problema nasce quando il grande obliquo non funziona bene, cioè è come paralizzato. L’occhio, quindi, non riesce ad abbassarsi e a ruotare per permettere al bambino di visualizzare e mettere a fuoco un oggetto posto in basso rispetto a lui. Il piccolo si trova allora costretto a rimediare al fatto che l’occhio non si sposta e non si torce verso il basso, spostando tutto il capo. Se non adottasse questo sistema, del tutto involontario, non riuscirebbe a mettere a fuoco gli oggetti che si trovano in basso. Questo succede, per esempio, quando il bambino legge, disegna, gioca con piccoli oggetti. Mentre cammina o corre, invece, il disturbo si nota meno perché durante queste attività si tende a guardare persone o oggetti posti alla propria altezza.

Perché succede
La paralisi del grande obliquo è un disturbo congenito, cioè presente da prima della nascita, ed è legato a una minore tonicità del muscolo. Non porta con sé conseguenze troppo serie, ma va comunque affrontato per evitare che causi un’anomalia posturale sempre più marcata. La paralisi del muscolo non si risolve, infatti, con il progredire degli anni.

Ci vuole l’oculista
Come è stato accennato, i genitori e il pediatra di famiglia possono rendersi conto che il piccolo piega la testa per un problema visivo. Esiste, infatti, un sistema molto semplice per verificare la presenza di paralisi del grande obliquo. Basta afferrare dolcemente la testa del bambino e indurlo a piegare il collo dalla parte opposta rispetto al lato verso il quale il piccolo tende a tenere inclinato il capo.
Se il grande obliquo ha effettivamente dei problemi, l’occhio tenderà a spostarsi verso l’alto. Solo l’oculista, però, è in grado di confermare l’esistenza del problema e di stabilirne l’entità.

La visita
L’oculista effettua un controllo approfondito, che però non induce timore nel bambino. Gli specialisti di oggi tendono anzi a proporre la visita in modo divertente e giocoso, per tranquillizzare i piccoli e ottenere anche una certa collaborazione. Scoprire se c’è paralisi del grande obliquo è semplice e non richiede l’ausilio di macchinari speciali. Infatti è sufficiente muovere delicatamente la testa del piccolo avanti e indietro, a destra e a sinistra, osservando le posizioni dell’occhio. Inoltre il medico può chiedere al piccolo di fissare alcuni oggetti, fermi e in movimento: in questo modo è possibile verificare se i due bulbi oculari si muovono in sincronia.

Un intervento semplice
Se l’oculista ha rilevato che effettivamente c’è un problema al grande obliquo, il sistema per risolvere il problema è esclusivamente di tipo chirurgico. Si tratta di un’operazione molto semplice e veloce. L’anestesia è di tipo generale, ma solo perché in questo modo si ottiene l’immobilità necessaria all’intervento. Infatti, con l’anestesia locale i bambini piangono e si dibattono, cosa che renderebbe impossibile l’operazione. Gli anestetici utilizzati oggi, comunque, sono leggeri e ben tollerati anche dai piccoli. Il chirurgo oculista divarica le palpebre ed effettua una piccola incisione e sposta l’obliquo inferiore, il muscolo antagonista all’obliquo superiore paralizzato, per diminuirne l’effetto motorio. In questo modo, per un meccanismo di compenso, anche il muscolo malato, non più contrastato, acquista elasticità, riesce a muoversi e a far spostare l’occhio verso il basso. L’intervento ha una durata di dieci minuti circa e non è nemmeno necessario indossare bende o occhiali protettivi. Per una settimana dopo l’operazione, comunque, è necessario instillare nell’occhio operato qualche goccia di collirio antibiotico (per due o tre volte al giorno), per consentire una perfetta guarigione. La deviazione degli occhi (strabismo) non è una banale anomalia estetica, ma nella grande maggioranza dei casi testimonia un disordine più o meno grave della vista. Dal 2 al 3% dei bambini presentano uno strabismo, che può essere congenito oppure apparire durante l’infanzia.

Qualunque sia l’età della comparsa di una deviazione oculare nel bambino, un esame oculistico deve essere effettuato in breve tempo.
In due casi su tre allo strabismo si accompagna un calo dell’acutezza visiva dell’occhio deviato (ambliopia) che a volte è molto serio. Diventa irrecuperabile se il trattamento medico arriva troppo tardi; al contrario un trattamento precoce, spesso l’occlusione dell’occhio buono, può prevenire la sua comparsa o correggerlo almeno parzialmente. E’ indispensabile che l’oculista e l’ortottista se ne incarichino precocemente e per un lungo periodo. La collaborazione stretta dei genitori è fondamentale per far accettare al bambino i trattamenti prescritti, soprattutto per l’applicazione permanente della correzione ottica, dell’occlusione o degli occhiali per la rieducazione visiva.
Un intervento chirurgico può essere necessario a seconda del tipo di strabismo. Anche dopo un trattamento medico-chirurgico perfettamente eseguito, dei controlli alla vista sono indispensabili fino all’età adulta poiché la recidiva e la persistenza dei disturbi visivi dello strabismo sono possibili.

Strabismo nell’adulto

Uno strabismo nell’adulto è spesso uno strabismo infantile trascurato o una recidiva tardiva favorita da cause diverse quali: abbandoni della correzione ottica, comparsa della presbiopia, particolari condizioni di affaticamento visivo. Uno strabismo nell’adulto può anche tradurre una paralisi acquisita dei muscoli oculari. L’intervento chirurgico può essere necessario per corregger la deviazione oculare. Obbedisce alle stesse regole applicate al bambino. Tuttavia si devono sottolineare alcune particolarità: In alcuni casi si può applicare l’operazione in anestesia locale. La presenza di diplopia è più frequente rispetto al bambino e può rendere necessario un trattamento complementare se persiste

Risultati dell’intervento
Nessun chirurgo oftalmico può garantire una riuscita totale dell’operazione. Un riallineamento corretto dei due occhi viene ottenuto nella maggioranza dei casi dopo uno o più interventi. Tuttavia la posizione degli occhi si modifica nei mesi o negli anni seguenti, soprattutto nel bambino. Per questo sono necessari dei controlli regolari anche dopo molti anni dall’interventi chirurgico. Il ripristino di una vista binoculare normale è possibile solo quando questa vista binoculare era già preesistente. Anche in questo caso non si può affermare prima dell’intervento che questo risultato sarà ottenuto. Nella maggioranza dei casi, l’intervento chirurgico nello strabismo non elimina la applicazione ulteriore di occhiali correttivi al fine di assicurare la miglior vista possibile.

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